Risguardo di copertina
Nel 1856, tre anni prima della pubblicazione dell’Origine delle specie di Darwin, durante gli scavi in un piccola grotta all’interno di una cava nella valle di Neander, circa 11 chilometri a est di Düsseldorf, furono scoperte la parte superiore di un teschio e alcune ossa che sulle prime furono ritenute di orso. Ma nel giro di qualche anno si capí che i resti erano di una forma di essere umano estinta, forse antichissima. Fu la prima volta che venivano descritti resti di questo tipo, e la scoperta scosse l’ambiente dei naturalisti. Nel corso degli anni proseguirono gli studi di queste ossa e ne furono rinvenute molte altre: si cercò di appurare chi erano gli uomini di Neanderthal, come vivevano, perché scomparvero qualcosa come 30000 anni fa, come interagirono con loro i nostri antenati moderni nel corso delle migliaia di anni di coesistenza in Europa, e se furono amici, o nemici, nostri antenati o semplicemente cugini perduti. Dai siti archeologici emergevano indizi di comportamenti che ci sono familiari: curavano i feriti, avevano riti funebri e forse persino strumenti musicali. I Neanderthal erano quindi molto piú simili a noi di qualunque scimmia vivente. Quanto simili? Erano in grado di parlare? Sono un ramo secco dell’albero genealogico degli ominini? Parte dei loro geni è tuttora nascosta dentro di noi? Questi problemi sono parte integrante della paleoantropologia, la disciplina che si può dire sia nata con la scoperta di quelle ossa nella valle di Neander. E adesso pareva che da quelle ossa riuscissimo a trarre informazioni genetiche