Risguardo di copertina
La nostra civiltà, che si reputa all'apice tecnologico e culturale della storia dell'umanità, si è trovata in questi mesi a fare i conti con un fenomeno, il contagio, che pareva ormai relegato alle pagine della storia. Al virus è bastata solo qualche settimana per segnare uno spartiacque tra un mondo che credevamo di controllare e un mondo inedito, dal profilo incerto. Nel "prima", per esempio, le nostre società facevano mostra di un'organizzazione globale molto efficiente. Oggi questa efficienza ha mostrato l'altra faccia, quella fragile, insostenibile, vulnerabile. Nel "prima" la democrazia appariva il destino dell'umanità. Nel "dopo" non appare più così scontata. Nel "prima" lo Stato era considerato un'istituzione quasi residuale, da limitare e contenere. Nel "dopo' dovremo considerare la sua forza necessaria. Nel "prima" l'Unione Europea, pur con tutti i suoi difetti, appariva una formidabile fortezza rispetto alle incertezze globali. Nel "dopo" riemergono stereotipi atavici e antipatie congenite. Nel "prima" sembrava che l'Italia fosse destinata a vivere sfruttando il suo immenso patrimonio culturale. Nel "dopo" tutto questo sembra un sogno dal quale ci siamo svegliati all'improvviso. Il mondo che verrà ci chiama tutti a riflettere sulle cause della pandemia e sulle contraddizioni e i guasti sociali, politici, economici che la crisi ha fatto emergere o esasperato. Abbiamo il compito della ricostruzione. Siamo chiamati a immaginare un mondo in cui si abbia cura della qualità della vita delle persone all'interno di una organizzazione più equa, più consapevole, più competente, più politicamente organizzata e che abbia a cuore la salvaguardia dell'ambiente.