Risguardo di copertina
Da sempre ci piace pensare che l'uomo sia una specie unica ed eccezionale. Ma c'è davvero qualcosa di speciale in noi che ci distingue dagli altri animali? La biologia evoluzionistica ha ormai ampiamente rivisto l'antichissima idea della nostra «superiorità» in natura, abbattendo uno a uno tutti i nostri supposti primati; gli umani sono solo un piccolo ramoscello di quel singolo, gigantesco albero genealogico che comprende quattro miliardi di anni, un sacco di colpi di scena e un miliardo di specie diverse. Pensiamo di essere la sola specie in grado di comunicare con un linguaggio complesso; ma poi abbiamo scoperto la comunicazione delle balene, dei ragni, degli uccelli, e questa peculiarità tutta umana è stata fortemente ridimensionata. Abbiamo a lungo pensato di essere i soli in grado di utilizzare strumenti: poi abbiamo osservato specie che usano utensili complessi, dalle scimmie ai delfini. Anche il fuoco, ritenuto dominio esclusivo dell'uomo, è governato con astuzia da un rapace australiano che raccogliendo tizzoni ardenti provoca incendi controllati nella prateria per far scappare gli animali e cacciarli più facilmente. Per non parlare del sesso a scopo ricreativo e non generativo, tanto comune nella comunità dei bonobo. E che dire dell'omosessualità? Basta osservare i rituali delle giraffe per comprendere come l'espressione «contro natura» perda qualunque significato. Questo paradosso – il fatto che la nostra biologia sia la medesima di tutti gli altri viventi, eppure noi ci consideriamo speciali – sta alla base della nostra natura. Tuttavia, Adam Rutherford ci mostra come in effetti, in un certo senso, siamo speciali. L'evoluzione ha scolpito in noi capacità del tutto peculiari come lo ha fatto, diversamente, in tutte le altre specie, che fanno sì che la nostra storia evolutiva sia davvero unica.