Risguardo di copertina
"Il più delle volte mi sento come un antropologo su Marte" confessa a Oliver Sacks la paziente autistica di cui si racconta la storia nell'ultima parte di questo libro. Ed è la stessa persona che, per sperare le proprie difficoltà a capire le emozioni umane, escogiterà una macchina per abbracciare". Nella sua assoluta singolarità di scrittore, anche Sacks sembra avere escogitato qualcosa di simile, qualcosa che gli permette di là dalla malattia, di "abbraciare" il malato. Unendo la vocazione di narratore clinico una stupefacente capacità di empatia, Sacks riesce infatti a spingersi molto avanti nel territorio oscuro della malattia, là dove celano le sue ragioni profonde, spesso elusive per la pura ragione medica. Il paradosso è questo; in talune circostanze eliminare la malattia sgnifica operare una mutilazione sul paziente. E l'unico mezo per evitarlo è penetrare nel romanzo neurologico che il paziente vive e spesso è incapace di comunicare o comunica in un modo che gli altri non sanno capire. Di questo processo delicato e affascinante, che ormai ci appare come il sigillo dell'opera intera di Sacks, si danno qui sette esempi, sette "casi straordinari" destinati a imprimersi per sempre nella memoria dei lettori: non più in quanto bruti "casi", ma in quanto storie di "individui unici, ciascuno dei quali abita (e in un certo senso ha creato) un mondo suo proprio.Ci allontanammo dai muggiti dei vitelli separati dalle madri, la cui sofferenza Temple sembrava sentire fin dentro le ossa, e trovammo una zona dell'allevamento dove il bestiame pascolava tranquillo. temple si inginocchiò e raccolse una manciata di fieno; una mucca le si avvicinò e prese il fieno toccandole la mano con il muso morbido. Il volto di Temple si addolcì subito: "Ora mi sento a mio agio" disse. "Quando sono con gli animali, non c'è nulla di cognitivo. Io so che cosa sta provando la mucca".