Risguardo di copertina
ATTRAVERSO LA VOCE E L'ESPERIENZA DI TILDE (MATILDE), INFERMIERA DEI MATTI, "IL MIO MANICOMIO" SI MUOVE IN UN PULVISCOLO DI STORIE SENZA REQUIE, PERSONALI E COLLETTIVE: FATTI MINIMI E PRIVATISSIMI DI FAMIGLIE (FELICI O INFELICI QUANTO BASTA) CHE SI INCROCIANO CON LA GRANDE STORIA DELLA NAZIONE. IL TORMENTATO MONOLOGO DI TILDE PORTA IN SCENA UNA RICCA GALLERIA DI PERSONAGGI, POSITIVI E NEGATIVI: IL PADRE MAI CONOSCIUTO; LA MADRE ANALFABETA CHE PREGA IN LATINO; IL MARITO PATERNO E POSITIVO; LA FIGLIOLA CHE "PADREGGIA"; E POI I RICOVERATI, LE SUORE, LA SUPERIORA, IL DIRETTORE FISSATO CON L'ELETTROSHOCK, I DOTTORINI, IL TEMPO CHE PASSA. UNA NARRAZIONE TESA DALLA PRIMA ALL'ULTIMA PAGINA, CONDOTTA DA UNA VOCE FORTE, CHE DISPONE DI UNA SUA LINGUA PRESCOLARE, A METà STRADA TRA IL DIALETTO DELLA TRADIZIONE ORALE E L'ITALIANO IMPARATO ALLE ELEMENTARI NEGLI ANNI VENTI DEL SECOLO SCORSO: UNA LINGUA DOLORANTE, CHE SI MISURA CON TEMI CRUCIALI, VERI E PROPRI NERVI SCOPERTI, CON RABBIA E RETICENZA INSIEME.