Risguardo di copertina
All'origine del 'caso Vargas' in Francia, dove i suoi romanzi raggiungono regolarmente il vertice delle classifiche, e in tutta Europa ci sono lo stile ironico e incisivo, la capacità di prendere per mano il lettore fino alla rivelazione finale, e l'accuratezza nei dettagli piú sorprendenti, che le viene dalla passione medievalista e dalla professione di zooarcheologa. Da qui il gusto per la 'detection', per le impronte, le tracce, le piccole cose senza importanza che permettono di dedurre, per una qualche 'associazione di idee', la soluzione di un caso. E c'è naturalmente la simpatia con cui è ritratto il mondo del commissariato di polizia del tredicesimo 'arrondissement' di Parigi, a cominciare da Jean-Baptiste Adamsberg e dal suo vice, il coltissimo e iperrazionalista Danglard (ma in questo romanzo brilla anche la stella del tenente Retancourt, capace di "indirizzare l'energia come vuole"...) Adamsberg invece è uno "spalatore di nuvole", preferisce 'aspettare' le soluzioni invece di cercarle. Peccato che stavolta non possa proprio permetterselo. Dal passato torna a ossessionarlo la figura gigantesca del giudice Fulgence, un uomo crudele di assoluto potere, che a suo tempo, quando Adamsberg era molto giovane, cercò di incriminare per omicidio suo fratello, poi scomparso. E ci sono tutti quei cadaveri con i segni di tre ferite, opera sicuramente di un tridente... In questo nuovo romanzo meglio che in altri il lettore potrà capire perché la Vargas parli del romanzo poliziesco e giallo come di "una forma di autocoscienza", o perché li definisca, all'ombra di Nettuno e del suo tridente, "il ramo mitologico della letteratura contemporanea".