Risguardo di copertina
ho giocato a calcio per quarant'anni, di cui undici di fila, senza riposarmi mai, nemmeno per una domenica, nemmeno con la febbre e con gli acciacchi. quarant'anni trascorsi con la faccia affondata nell'erba, o nel fango, o sulle righe di gesso dell'area di rigore, con gente pronta a staccarti la testa pur di arrivare un secondo prima di te su una palla. qualche volta ho perso, più spesso ho vinto, ma questo non è così importante. mi hanno chiamato mito, monumento, leggenda. le mie mani sono finite in un francobollo commemorativo firmato da guttuso. ho giocato a scopone con sandro pertini, scherzato con karol wojtyla, viaggiato con gheddafi, mi sono confidato con gianni agnelli. ho conosciuto ladri, poeti, eroi, capi di stato, bancarottieri, alcolisti. e oggi, dopo tutto questo, posso dire che aveva ragione nonna adelaide, friulana dura come il mogano ma dolcissima: 'è passato napoleone che aveva gli speroni d'oro agli stivali, figurati se non passa anche il resto'. tutto cominciò proprio con lei, a pensarci bene. in un pomeriggio qualunque di sessant'anni fa, a mariano. collezionavo foto sbiadite di portieri, strappate dai pochi giornali che arrivavano in paese, e sognavo di diventarlo anch'io. ma ero mingherlino, crescevo poco, e per questo mi faceva mangiare uova ogni giorno. poi quel pomeriggio si mise a giocare con me: tirava le prugne in aria e io dovevo prenderle al volo. era un gioco per modo di dire: nelle case dei contadini, il cibo non si spreca, mai..."