Risguardo di copertina
\"sono figlio di un morto ammazzato\": è questa la \'confessione\' che dà avvio al libro in cui roberto vivarelli racconta per la prima volta, con partecipazione ma anche con stupefacente lucidità, la sua esperienza di repubblichino adolescente. il padre di vivarelli, fascista e volontario di guerra, fu ucciso dai partigiani jugoslavi nel 1942. alla caduta del fascismo e dopo l\'8 settembre 1943, rimanere fascisti per i due figli sarà anche una questione di fedeltà all\'ombra paterna, ai valori patriottici che egli aveva visto incarnati nel fascismo. il primogenito, sedicenne, s\'arruola subito nella decima mas; roberto, che ha tredici anni, solo nell\'estate del 1944, a como, ottiene di entrare nelle brigate nere, e si trova a vivere i mesi della guerra civile fra attentati gappisti e rastrellamenti antipartigiani. infine riesce a partire per il fronte, ma è il 9 aprile 1945 e il fronte è bologna. fascista fino all\'ultima ora, dal 1948 vivarelli avvierà una propria \'ricostruzione\' culturale e politica, che lo condurrà su posizioni assai lontane da quelle di partenza. ma solo dopo mezzo secolo - attraverso la dolorosa elaborazione consegnata a queste pagine - riuscirà a far combaciare le stagioni della propria vita e a vedere il filo unitario che le lega.