Risguardo di copertina
sono le dieci del mattino del 27 maggio 1865. a ravenna due manovali trovano per caso una cassetta di legno. stanno per gettarla tra le macerie quando qualcuno nota sul coperchio una scritta: dantis ossa. la scoperta muove una città intera, e un vortice di persone - assessori, periti, notai, medici e scienziati - inizia a ruotare attorno a una sola ossessione: la testa di dante. tutti vogliono sapere perché quel cranio si trovi lì, quale sia la sua storia e soprattutto il peso del suo cervello. per conoscerne la grandezza in realtà bastava vedere cosa avesse prodotto: la commedia, il più bel libro mai scritto dagli uomini. dante lo aveva creato attingendo da ciò che aveva vissuto, rubando saperi, storie e segreti, e lo aveva popolato di figure per lui familiari, quelle che avevano respirato la sua stessa aria: paolo e francesca, il conte ugolino, farinata, cavalcanti, guido da montefeltro, ezzelino e gli altri. erano tutti legati. eppure un mondo così piccolo era diventato una storia universale. come dante ci sia riuscito rimane un mistero. per provare a svelarlo e a sfiorare un brandello di verità resta forse una sola possibilità: evitare di guardare lui per guardare ciò che guardò lui. prendere quindi gli uomini che attraversarono la sua iride per distribuirli in una storia. e tentare così di vivere, con i suoi occhi, le vite degli altri.
Risguardo di copertina
nel pomeriggio più caldo del secolo si incrociano i destini di un arbitro scampato all'olocausto, un centravanti in attesa di rinascita, un capitano che ha fatto la rivoluzione, un fotoreporter con un dolore al petto, un portiere considerato bollito, un centrocampista con le scarpe dipinte, un commissario tecnico con la pipa e un inviato alla sua ultima estate. si trovano tutti ai mondiali di spagna nel momento in cui l'italia incontra il brasile. è l'ultima partita prima della semifinale. per arrivarci, ai sudamericani basta un punto. dalla loro hanno la bellezza, gli elogi e il pronostico. oltre all'allegria. per gli azzurri, invece, chiusi nel loro silenzio e in guerra contro il mondo, è una sfida ai limiti dell'impossibile. il sole è ancora alto, lo stadio è pieno, l'epilogo sembra scritto. a farlo sui giornali ci hanno già pensato gianni brera e mario vargas llosa. a pochi passi da loro, in tribuna, c'è un bambino di dieci anni, si chiama josé e non sa che diventerà un simbolo. gli altri, invece, non possono nemmeno immaginare che quella sarà la più grande partita mai giocata su un campo da calcio. hanno tutti lo stesso sangue e nascondono segreti inconfessabili. per conoscerli, però, bisogna seguire dal principio i fili che li hanno condotti fino a quel 5 luglio del 1982 dentro lo stadio sarriá di barcellona.