Risguardo di copertina
walter tobagi è morto il 28 maggio 1980, gli hanno sparato alcuni membri di una semisconosciuta formazione terroristica di sinistra, la "brigata 28 marzo". tobagi era un giornalista del "corriere della sera", era uno storico e il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi. quando è morto aveva trentatré anni, il figlio luca sette, benedetta tre. si può dire che benedetta non ha conosciuto il padre, di lui conserva solo alcuni fotogrammi di ricordo e una grande incolmabile mancanza. una volta cresciuta ha deciso di andare alla scoperta di questo padre immensamente amato, e ha provato a raccogliere ogni sua traccia. ha scavato fra le carte pubbliche e professionali come fra quelle più intime e private, fra i libri letti e annotati, gli articoli, le pagine del diario, le lettere sentimentali. ha ascoltato i ricordi di chi lo ha conosciuto: amici, familiari, politici, colleghi, la gente che lo ha incontrato solo di passaggio. ha raccolto l'eredità, gli insegnamenti e le massime di vita del nonno ulderico (che dalle povere campagne dell'umbria si era spostato a milano per garantire un futuro diverso all'unico figlio) sapendo leggere oltre le poche parole che lui era solito pronunciare. le parole di un uomo forte e orgoglioso che ha seguito tutti gli appuntamenti di un lungo e a volte incomprensibile processo contro gli assassini del figlio. benedetta ha letto e studiato tutti gli atti processuali, con rabbia, amarezza e tanta voglia di capire un periodo complesso come gli anni settanta.
Risguardo di copertina
le donne furono protagoniste della resistenza: prestando assistenza, combattendo in prima persona, rischiando la vita. una «metà della storia» a lungo silenziata a cui benedetta tobagi ridà voce e volto, a partire dalle fotografie raccolte in decine di archivi. ne viene fuori un inedito album di famiglia della repubblica, in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. "la resistenza delle donne" è dedicato «a tutte le antenate»: se fosse una mappa, alla fine ci sarebbe un grosso «voi siete qui». insieme alle domande: e tu, ora, cosa farai? come raccoglierai questa eredità? la storia delle donne italiane ha nella resistenza e nell'esperienza della guerra partigiana uno dei suoi punti nodali, forse il piú importante. benedetta tobagi la ricostruisce facendo ricorso a tutti i suoi talenti: quello di storica, di intellettuale civile, di scrittrice. "la resistenza delle donne" è prima di tutto un libro di storie, di traiettorie esistenziali, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite. da quella della «brava moglie» che decide di imbracciare le armi per affermare un'identità che vada oltre le etichette, alla ragazza che cerca (e trova) il riscatto da un'esistenza di miseria e violenza, da chi nell'aiuto ai combattenti vive una sorta di inedita maternità, a chi nella guerra cerca vendetta e chi invece si sente impegnata in una «guerra alla guerra», dalle studentesse che si imbarcano in una grande avventura (inclusa un'inedita libertà nel vivere il proprio corpo e a volte persino il sesso), alle lavoratrici per cui la lotta al fascismo è la naturale prosecuzione della lotta di classe. tobagi racconta queste storie facendo parlare le fotografie che ha incontrato in decine di archivi storici. ne viene fuori quasi un album di famiglia della repubblica, ma in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. un libro che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile che fa muovere le vicende raccontate sullo sfondo dei problemi di oggi: qual è il ruolo delle donne, come affermare la propria identità in una società patriarcale, qual è l'intersezione tra libertà politiche, di classe e di genere, qual è il rapporto tra resistenza civile e armata, tra la scelta, o la necessità, di combattere e il desiderio di pace?
Risguardo di copertina
in un racconto serrato e documentatissimo, benedetta tobagi indaga la strage di piazza fontana (12 dicembre 1969) a partire dal primo processo sull'attentato, un processo-labirinto celebrato tra milano, roma e infine catanzaro nell'arco di quasi vent'anni. prima di essere affossato da assoluzioni generalizzate, esso porta alla luce una sconcertante trama di depistaggi e accerta le pesanti responsabilità dei terroristi neri e di alcuni ufficiali dei servizi segreti fino a trasformarsi in un processo simbolico allo stato: una ricostruzione che si arricchisce e trova sostanziali conferme nei decenni successivi. piazza fontana sottopone il sistema della giustizia a una torsione estrema; è un incubo, ma insieme un risveglio. se da un lato la tragedia dell'impunità alimenta un profondo sentimento di sfiducia, dall'altro comporta una dolorosa presa di consapevolezza che contribuisce alla maturazione di una coscienza critica in ampi settori del mondo giudiziario e tra i cittadini.