Risguardo di copertina
con il suo miliardo e trecento milioni di abitanti, l’india è il convitato di pietra al tavolo delle potenze mondiali. eppure l’immaginario attorno al subcontinente asiatico sembra rimasto ai tempi di gandhi: una terra di bramini, pacifica nella sua povertà, divisa in un sistema castale millenario, meta prediletta per cercare se stessi e le proprie radici spirituali, e allo stesso tempo fonte eterna di manodopera a basso costo. carlo pizzati, che in asia vive da oltre dieci anni, descrive invece una realtà diversa, sospesa tra un progresso sociale e tecnologico inarrestabile, una crisi climatica senza precedenti e il riemergere di tensioni religiose all’apparenza superate. nel racconto di pizzati, l’india è infatti allo stesso tempo un paese che ha avuto un primo ministro donna e dove in alcune regioni è in uso la pratica del rogo delle streghe, un modo per derubare le vedove dei loro patrimoni bruciandole vive con l’accusa posticcia di eresia; dove a san valentino fondamentalisti indù assalgono le coppie che si tengono per mano, mentre cinque milioni di femministe che vogliono far rispettare il loro diritto a entrare in un tempio manifestano per strada.